La signora fragile come una vecchia vestaglia,
leggera come una polvere, mi guardava.
Vedeva in me più di una persona giovane,
molto di più. Vedeva oltre.
Lei mi parlava dall’altrove che solo lei fra noi due conosceva.
Mi disse con la voce carica d’età
“Tutta la musica del mondo,
quella che sento ovunque ed io fatta per sentirla,
io promessami sposa della musica ed ora…”
Impietoso mi rivolsi a lei
“Hai atteso il suono perfetto accumulando tempo.
Speravi forse di rivendertelo?
ora è tardi, impietrita nell’artrosi.
Nessuno comprerebbe il tempo
al massimo lo vorrebbero regalato.
Amavi ogni minuto e secondo come i tasti bianchi e neri”
Non avevo capito nulla nell’aridità sorda.
Mi sorrise benevola.
Perdonava,
la durezza delle mie mani giovani vicine alle sue.
Non sapevo cosa significasse dire
“tutta la musica del mondo”.
Ora lei non c’è più.
Mi pare di sentirla.
Lei era fatta per sentirla, la musica.
Anche io ora non mi so spiegare
come sia accaduto che le mie dita si siano sciolte su una tastiera.
Sento forte,
senza saper suonare,
senza saper scrivere note,
persino senza uno strumento.
La musica dentro di me mi muove,
non sono pianista, sono musica.
Lei mi sorride e perdona la mia durezza.
Sposa della musica che tempo non conosce, vende o accumula.

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