Chiuso in una cella,
imprigionato da sé o altri,
tutto puoi divorare
reale o virtuale.
Dopo tanto tempo
ci stai
e non pensi di uscire.
Poi un giorno l’immobiliare
sapendoti solo
prova e ci riesce
a gentrificare il luogo di pena.
Ora sei sfrattato
la tua cella è divenuta un eremo
ma non c’è posto per te
nella Jacuzzi.
Fra la pioviggine grigia di novembre
al palo
con l’impermeabile fradicio e stropicciato
senza ombrello
la sporta vuota in mano.
Stai ma non ti consumi.
Nessuno che ti tenda un aiuto
vorresti scioglierti come un pupazzo di neve al sole
Ora sei fuori le mura
devi vivere
ci devi provare,
vivere non è tornare,
non è andare oltre,
è portare con se la prigione,
da uomo libero.