(…) Matteo acquistava gagliardia speciale due ore prima dell’imbrunire e in genere toccava il massimo della sua forza nei periodi di luna crescente. Dopo le sue bufere maggiori, che lasciavano nei paesi della valle danni da non si dire, Matteo appariva affaticato. Si sdraiava allora in certe vallate solitarie e si aggirava lentamente per settimane intere, assolutamente innocuo.
      Per questo egli non era sempre odiato. In quelle notti di bonaccia infatti Matteo scopriva un’altra sua grandissima qualità; si rivelava musicista sommo. Soffiando in mezzo ai boschi, qua più forte, là più adagio, il vento si divertiva a suonare; allora si udivano venir fuori dalla foresta lunghe canzoni simili alquanto ad inni sacri. Quelle sere, dopo la tempesta, la gente usciva dal paese e si riuniva al limite del bosco, ad ascoltar per ore e ore sotto il cielo limpido, la voce di Matteo che cantava. L’organista del Duomo era geloso e diceva ch’erano sciocchezze: ma una notte lo scoprirono anche lui nascosto ai piedi di un tronco. E lui non s’accorse nemmeno di esser visto, tanto era incantato da quella musica. (…)

da “Il segreto del Bosco Vecchio ” di Dino Buzzati

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