Come ebbe a scrivere Kurt Vonnegut nel suo romanzo “Galapagos”, –io sono un essere dal cervello grande e grosso-. Lo sono anche tutti i miei simili umani, a miliardi su questa terra. Il cervello grande e grosso è come una cipolla dove ogni strato di contraddizioni è maturato con il tempo sopra il sistema limbico primordiale. Il mio cervello così grande non è un costrutto di spettacolare logica o capacità di calcolo infallibile. E’ un aggregato biochimico ed elettrico, pieno di contraddizioni.
Per me, anzi per lui (in effetti siamo fusi in un tutt’uno), è vero il bianco ma pure il nero, tutto e il contrario di tutto. Le notti sono eterne ma possono esserlo anche le giornate, dipende da come vedo le cose in un dato momento. Il mio cervello grande e grosso spesso innesca guerre sanguinose fra queste contraddizioni, dando a ciascuna di esse un tempo nel quale credono di aver preso il controllo del senso della vita.
Da questa idea illusoria di inseguire le contraddizioni e la possibilità di superarle, facendo vincere l’una sull’altra, segue la mia nozione di tempo e di progresso. Mi illudo di trovare qualcosa di migliore, domani (o dopodomani) rispetto all’oggi e lo ieri. D’altronde la stessa illusione è moltiplicata per miliardi di cervelli. Ne consegue un caos enorme con una proliferazione frattale di contraddizioni, evoluzioni e catastrofiche scomparse di modi di interpretare l’esistenza sulla Terra.
Fra gli uomini con cervelli grandi e grossi, io stesso mi chiedo se gli animali, gli insetti, le piante e gli oggetti apparentemente inanimati come le montagne, o i bicchieri, abbiano un cervello preoccupato solo di esistere, senza tempo e senza esigenza di definire il giusto e lo sbagliato. Il quesito al momento non ha risposta se non le solite due risposte “l’uomo è l’unico essere intelligente o l’essere più intelligente” oppure “l’uomo è un essere come qualunque altro”. Credo che il cervello grande e grosso, non siano concepibili altri tipi di risposte.