Una montagna si staglia imponente e innevata, a chiudere lo sguardo su un fondo della valle,

l’altro fondo è alle mie spalle. Ci sono salito in cima a quel monte

ed è stato come un respiro impossibile da stritolare nel tempo e nelle regole.

Sul cippo stavo nella mia anima e porto dentro di me il suo nome.

Vago, profilo sottilissimo e resistente come seta di ragno.

Vago mai immobile, vagante, errante, indefinito ma non sbagliato, ondivago, girovago,

come una innervazione,

sensibile alle vie aeree,

cauta compagna delle vie digestive,

disciplinata amorevole moderatrice del cuore incostante e bramoso,

con il quale giochiamo a palla,

lanciando-cielo reciprocamente,

sempre col rischio di far-cielo cadere a terra

lasciando-cielo, su quel suolo,

per poi tornare a valle e dimenticar-cielo là.

Ripensarci durante notti insonni a mazzetti

troppo strette per raccontare l’estensione e dinamismo di questo vago cuore che

me lo ricordo bene

è ancora la mia anima.

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