Il calice al cielo,
brindare per ricordare ma vorrei fosse un addio,
calice pieno di cosa, poi?
Eppure non c’è modo di divergere il pensiero, di obliare certi sguardi
circuiti neuronali stampati su materiali ossidati,
sulle pareti plastiche di quel gomitolo di cervello,
è lui il generatore che detta gli umori del mio presente.
Il memorar questi circuiti è come usare il DAE,
ma male, senza riuscire a salvare qualcuno, salvarsi,
come scrivere a quei se stessi,
di vent’anni or sono o forse più,
forse trenta,
ma dove abitavo ora c’è un benzinaio,
fra 3 gradi Celsius, sarà condannato anch’esso alla memoria.
Un modo ci sarebbe,
per sprigionarsi,
sarebbe come salutarsi per caso dentro un ascensore,
come due conosciutisi in un tempo lontano,
ma ora pronti a prendere due direzioni diverse
pronti a sgomitolare questo generatore di sogni e fantasmi,
di incantesimi e liberazioni,
di aquiloni e palloncini.