Terzo paesaggio – episodio 02

Terzo paesaggio – episodio 01

Arrivare a fine corsa sani e salvi

Video delirio

Haiku di piccole mani operose

Non cogliere mai
Quella maestosità
Che sta nel fiore.

se

Cosa succederebbe se

un fiume smettesse di scorrere,

la pioggia non cadesse,

smettesse la guerra,

tagliassimo alberi e nascondessimo prati sotto l’asfalto sempre di più,

se mi ospitassi nella tua valigia,

rifiutassimo di aggiungere un posto a tavola,

un aereo colpisse una torre,

il dittatore non fosse mai morto ma solo andato a farsi una pennichella,

non ci fossimo mai lasciati,

fossimo stati alla larga dalla luna o dalle americhe.

Ma è successo, e ciò che ne consegue è qui davanti a noi.

Ciao

“Ciao” è solo un braccio

in un braccio di ferro solitario, inerte.

Senza approdo, tepore o lotta

resta pensato.

Quando ci siamo incontrati,

il tuo ciao in risposta ha dato scintilla ad una vita.

Vita, incontro di dissimili,

benché simili,

fulmini in corsa verso la terra,

uniti nella terza dimensione,

l’incontro dopo te e me.

muro mare

Guardavo la vita come guardavo questo bosco scuro,

silva lupanica all’imbrunire, con la tenebra dentro,

c’è una riga di codice che ne parla,

Ululati lontani e terribili,

fruscii di volpi che lanciano maledizioni silenziose e velenosissime.

qualcosa da s-cavalcare.

Senza un cavallo, era come il muro duro di un castello,

muro altissimo,

si capiva bene che terminava nel cielo

non si capiva bene dove si aprisse una breccia verso l’oltre.

La sinuosa lumaca sul mio viso ha disegnato un sorriso,

oltre la breccia avrei trovato un dedalo di corridoi, stanze, specchi,

e più in là l’uscita,

l’ingresso ad una città labirinto di strade, piazze, vicoli, cunicoli.

A volte ho desiderato l’accetta per farmi strada,

il fuoco per fare orizzonte,

il vento per superare questo percorso in volo.

Adesso invece resto in contemplazione della paura,

penso alle possibilità, alle impossibilità, al futuro amare

ed al giorno in cui rivolgerò lo sguardo verso lo sconfinato ricamo e andirivieni del mare,

dietro di me.

plasmare

Discorsi,

temo i tuoi, perché incalzano,

non lasciano più spazio al passo.

Discorsi fra noi,

giustapposizione di materie plastiche,

stampe laser di grandi città in miniatura,

riempite di plastica,

quindi vuote.

A ciascuno il suo tempo per parlare,

che bella dimostrazione di buona volontà,

ma con tempi pietrificati,

quando invece dovremmo giovarci di ritardi permanenti,

per aiutarci a sbucciare i rituali plastici cosmetici,

Facciamo confusione su ciò che ci par d’essere

qualche volta proviamo a levare lavare dal viso la maschera,

per lo più vacilliamo per la paura di non ri-conoscerci ri-girandoci,

come le due facce della luna,

del medesimo talento in equilibrio instabile.

La plastica ci ha avvolto aderendo sulle nostre forme, alter_andoci e soffocandoci

ma ci resta la possibilità di plasmarci, di diventar liquidi come sangue e tornare al flusso costante e in-stabile anti-estetico anti-estatico.

memorie dal sottosuolo

Ribollire, brulicare di bolle,

fermentazioni, miriadi di movimenti affannosi ed ordinati,

sdraiato a picco sul cielo,

come disse la mia amica poeta,

provo ad ascoltare il mondo ctonio,

il secondo lato della sfera

a picco sull’abisso cavernoso e buio,

attraversato da lampi a me invisibili.

Sopra,

qui con me

rumori e silenzi che conosco,

nel sottosuolo, che mi provoca un brivido al pensarci,

rumoreggia impercettibile,

quanto non ricordo,

persino di me.