Guardavo la vita come guardavo questo bosco scuro,
silva lupanica all’imbrunire, con la tenebra dentro,
c’è una riga di codice che ne parla,
Ululati lontani e terribili,
fruscii di volpi che lanciano maledizioni silenziose e velenosissime.
qualcosa da s-cavalcare.
Senza un cavallo, era come il muro duro di un castello,
muro altissimo,
si capiva bene che terminava nel cielo
non si capiva bene dove si aprisse una breccia verso l’oltre.
La sinuosa lumaca sul mio viso ha disegnato un sorriso,
oltre la breccia avrei trovato un dedalo di corridoi, stanze, specchi,
e più in là l’uscita,
l’ingresso ad una città labirinto di strade, piazze, vicoli, cunicoli.
A volte ho desiderato l’accetta per farmi strada,
il fuoco per fare orizzonte,
il vento per superare questo percorso in volo.
Adesso invece resto in contemplazione della paura,
penso alle possibilità, alle impossibilità, al futuro amare
ed al giorno in cui rivolgerò lo sguardo verso lo sconfinato ricamo e andirivieni del mare,
dietro di me.
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